FAIR PLAY

I valori della correttezza sportiva e della sana competizione, il riconoscimento del dovuto onore a chi è stato più bravo sono acquisizioni piuttosto recenti. È solo nell’Ottocento, infatti, che in Inghilterra nasce il concetto di fair play, inteso come gioco praticato lealmente. Esso genera reciproca fiducia, favorisce la socializzazione, avvicina le persone fornendo occasioni di conoscenza, comprensione e apprezzamento, anche tra individui di diverse origini culturali. Applicato inizialmente nelle competizioni sportive, il concetto di fair play si è diffuso (ma purtroppo non sempre è stato applicato) anche nei rapporti sociali e in politica, perché è un modo di pensare, non solo un modo di comportarsi.

Il fair play (“gioco corretto”) è molto più che giocare lealmente. Esso comprende una serie di regole dettate da un codice di comportamento che mette al primo posto il rispetto di sé stessi, degli altri e delle regole, oltre agli ideali dell’amicizia e dello spirito sportivo. 

PARLIAMO DI RISPETTO

Il rispetto per sé stessi si esprime nell’impegno e nella cura del proprio lavoro, nell’autodisciplina, nel coraggio nell’affrontare le difficoltà.

Il rispetto degli altri si manifesta nell’attenzione ai compagni e agli avversari, nel controllo delle proprie azioni in modo da non mettere a rischio la sicurezza degli altri, nella disponibilità al dialogo e ad accettare le regole del gruppo, nel rispetto delle diversità (sociale, morfologica e di svantaggio).

Rispettare le regole significa capire quando la regola è necessaria: se ognuno giocasse secondo le proprie regole, ne nascerebbe una grande confusione. Il proprio comportamento può essere di esempio e indurre anche compagni e avversari ad attenersi alle regole. 

In ogni caso si è responsabili solo del proprio modo di agire, non di quello degli altri. Il rapporto di confidenza e familiarità, che è alla base dell’amicizia, è fondato sui valori della stima, della lealtà, della fratellanza, della condivisione e della solidarietà, gli stessi che permeano il concetto di fair play.

I 10 PRINCIPI DEL FAIR PLAY

1. Giocare per divertirsi.

Lo sport è un’occupazione piacevole, ma non disimpegnata. La felicità risiede nell’impegno che ciascuno ci mette, nella ricerca del confronto e del miglioramento personale. Il divertimento non deriva dal risultato ottenuto, bensì dal percorso fatto per raggiungerlo e dalla consapevolezza di aver fatto del proprio meglio.

2. Giocare con lealtà.

È leale una persona che per scelta obbedisce ai valori di correttezza e sincerità anche in situazioni difficili, comportandosi coerentemente a un codice prestabilito e rispettando e mettendo in pratica gli ideali in cui crede.

In una gara, l’atleta Abel Mutai rappresentante del Kenya era a pochi metri dal traguardo, ma si è confuso con la segnaletica e si è fermato pensando di aver già completato la gara. L’atleta spagnolo Ivan Fernandez era proprio dietro di lui e quando si è reso conto di quello che stava accadendo, ha iniziato a urlare al keniano affinché continuasse a correre. Ma Mutai non sapeva lo spagnolo e non ha capito. Quindi lo spagnolo l’ha spinto verso la vittoria.

Un giornalista chiese a Ivan: ”Perché hai lasciato vincere il Kenia?” 

Ivan rispose: “Non l’ho lasciato vincere, lui stava per vincere.”

Il giornalista ha insistito di nuovo: “Ma avresti potuto vincere!”

Ivan lo guardò rispose: “Ma quale sarebbe il merito della mia vittoria? Quale sarebbe l’onore di questa medaglia? Cosa penserebbe mia madre?”

3. Rispettare le regole del gioco.

Le regole servono per rendere il gioco leale. Anche se non sono sempre perfette, quando tutti le accettano e le seguono giocare è più divertente e si possono prevenire molti incidenti dovuti al mancato rispetto delle norme di sicurezza e a comportamenti pericolosi. Le regole aiutano poi arbitri e giocatori: se il gioco si svolge in modo corretto e sicuro, le persone eviteranno di arrabbiarsi e di perdere il controllo.

4. Rispettare i compagni di squadra, gli avversari, gli arbitri e gli spettatori.

Il rispetto è il sentimento che deve guidare il comportamento fra compagni di squadra. Dev’essere improntato al riconoscimento dei meriti altrui e si manifesta complimentandosi nel caso di una buona azione, rincuorando nel caso di esito negativo, sapendosi scusare. L’avversario non va visto come un nemico, ma come un’opportunità per poter mettere in gioco tutte le proprie risorse fisiche, tecniche e morali. Lo “scontro” deve essere limitato al tempo e allo spazio della competizione (es. terzo tempo nel rugby). Le buone giocate e le buone prestazioni degli avversari vanno riconosciute e in caso di vittoria si festeggia con moderazione, evitando di mettere in ridicolo chi ha perso. 

Arbitri e giudici svolgono un compito difficile e ingrato: devono prendere decisioni. Quando lo fanno, i giocatori devono accettarle. Non bisogna mai dimenticare che giudici e arbitri sono persone come le altre che, per quanto si impegnino, possono commettere errori. Nel corso della gara gli errori si compenseranno: qualche volta sarà fischiato un fallo contro, altre volte a favore. Se non c’è un arbitro, i giocatori devono imparare ad accordarsi per evitare litigi. Un esempio di fair play tra due squadre di ragazzi di 13 anni che giocano una partita di calcio, in cui l’arbitro assegna per sbaglio un rigore. 

Gli adulti hanno tanto da imparare da chi lo sport lo fa solo per passione… https://youtu.be/U8uXCUmWNDY

5. Accettare la sconfitta con dignità

Quando si perde bisogna saper riconoscere con onestà la superiorità dell’avversario. Dalle sconfitte s’impara l’arte di vincere e non bisogna aver paura dell’insuccesso perché è una tappa inevitabile. È triste vedere atleti, anche affermati, che reagiscono alla sconfitta con rabbia, comportamenti antisportivi, negando le proprie responsabilità e cercando invece di riversarle su altri.

6. Rifiutare il doping, il razzismo, la violenza e la corruzione.

Non è accettabile per uno sportivo fare ricorso a sostanze o metodi capaci di modificare le condizioni psicofisiche dell’organismo per migliorare le prestazioni. Oltre che illecito, tale comportamento è contrario all’etica sportiva. Uno sportivo non può che rifiutare il razzismo, poiché lo stesso sport è esaltazione delle diversità: talenti, abilità, stili, caratte- ri. Non è accettabile alcuna forma di violenza: durante l’attività uno sportivo non mette a rischio l’integrità fisica dell’avversario, non lo aggredisce neppure verbalmente, e questo riguarda anche i tifosi, che devono sostenere i propri beniamini e non inveire contro gli avversari o l’arbitro.

7. Essere generosi verso il prossimo e soprattutto verso i più bisognosi.

Un esempio vale più di molte parole: nel 1988, alle Olimpiadi di Seul, durante una regata il velista canadese Lawrence Lemieux, che in quel momento si trovava al secondo posto. Si accorse che un velista di Singapore era caduto in acqua infortunandosi seriamente e non era in grado di risalire sulla propria imbarcazione, deviò dal proprio percorso, lo assistette e solo dopo l’intervento della squadra di soccorso riprese la regata.

8. Aiutare gli altri a resistere nelle difficoltà.

È una forma di altruismo: quando si infonde coraggio e si testimonia la propria vicinanza a chi si trova in un momento difficile, lo si aiuta a trovare le risorse per proseguire nello sforzo. Uno sportivo può attraversare momenti di scoraggiamento, sia durante la preparazione che durante una gara: in questi casi è importante per lui trovare qualcuno che gli dimostri con piccoli gesti o parole adatte la sua vicinanza e lo spinga a superare i periodi di crisi.

9. Denunciare coloro che tentano di screditare lo sport.

Si può screditare lo sport in molti modi e per nessuna ragione ciò deve essere consenti- to. Imbrogli, illeciti, frodi, corruzioni sono solo alcune delle situazioni che, violando il principio di lealtà, vanno assolutamente denunciate.

10. Onorare coloro che difendono lo spirito olimpico dello sport.

Il principale sostenitore dello spirito olimpico fu il barone francese Pierre de Coubertin, il fondatore delle Olimpiadi moderne, che considerò sempre lo sport un ineguagliabile mezzo di educazione. Secondo la sua visione lo sport sarebbe stato non solo il mezzo più comodo, rapido ed efficiente per formare un individuo, ma anche il veicolo più diretto di comunicazione, comprensione e pacificazione tra i popoli.

 “La cosa importante nella vita non è la vittoria, ma il lottare; non è aver sconfitto, ma aver combattuto bene. Col diffondere questi principi noi saremo un’umanità più coraggiosa, più forte, più scrupolosa e più generosa”. 

Se tutti facessero propri questi ideali, il mondo sarebbe migliore!

Questi sono principi validi in tutti i tempi e in tutto il mondo e per qualsiasi sportivo, che sia atleta, arbitro, allenatore, genitore o spettatore.

E tu quali valori stai insegnando? 

Sapresti raccontare un esempio di fair play?

5 Risposte a “FAIR PLAY”

  1. Secondo me lo sport senza il FAIR PLAY, sarebbe uno sport che non viene fatto con lealtà, uno sport in cui tutti lo fanno pensando alla propria gara e non pensando a tutti gli altri concorrenti.
    ESEMPIO: Quando faccio le gare di bicicletta se qualcuno cade, mi interesso e gli chiedo se si è fatto male .

  2. Oggi sono andata in piscina e ad un certo punto proprio non ce la facevo più,nuotavo più lenta ero stanca i miei compagni lo hanno notato perciò quando dovevamo fare la “gara” sono andati più lenti perché io almeno una volta potessi vincere.
    QUESTO DIMOSTRA CHE IL FAIR PLAY E UNA COSA CHE BELLA ANZI BELLISSIMA!!!!!
    Ciao maestra💖💖

  3. Ciao maestra Elena é giusto quello che dici sul fair play ed è interessante. Ti voglio bene ciao 😘❤️👍😍🥰

  4. Nelle mie partite di calcio quando l’arbitro non vede il fallo, noi alziamo la mano per avvisarlo del fallo.
    E quando correndo facciamo male a qualcuno, gli diamo la mano per rialzarsi. Senza il fair play tutti gli sport non sarebbero divertenti.

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